attende,dove l’omicida già vive,respira,cerca di nascondersi.
Nella vita di un cronista,l’esperienza di avvicinare il paranormale,di scendere sotto il suolo fisico della Terra,si immagina possa orientarsi soltanto nella fantasia,ma chiaramente il significato è un altro,e cosa si incontra,quello che si sente e si vede,assume connotati diversi,lo scenario alterato di una dimensione non ordinaria della coscienza.
Quando siamo impreparati a scendere negli stati di trans,nei meandri onirici della mente umana,tutto diventa difficile,ma quando ci si lascia andare,l’esperienza del viaggio,delle indisrezioni anche di indagini giudiziarie,assumono i contorni di una realtà impercettibile,che fino a ieri era nascosta,dietro e accanto a noi,invisibile.Se vogliamo raggiungere gli assassini di Carmela Melania Rea,dobbiamo proiettarci oltre,violare i confini naturali,i segni della scenografia reale,imparare a vedere le sagome “dietro” la loro natura fisica.Il rischio è che tanto più cerchiamo di afferrarne la logica ossessiva,tanto pià rischiamo noi stessi di “impazzire”,cadere nel vuoto,perchè forse non esiste alcuna logica desumibile,ma soltanto quella schizoide,nevrotica,disorientante del Male,in senso assoluto.
Il dossier da cui si origina la denuncia del magistrato sostituto procurato dr.Paolo Ferraro,è incentrato nel compound militare della Cecchignola a Roma.Un compound dove vivono a stretto contatto prostitute e ufficiali dell’esercito italiano.Una coincidenza oppure cosa?
In uno di questi appartamenti,avvengono incontri orgiastici,tra donne e militari.Il dossier ve ne attribuisce una paternità esoterica,ipnotica,determinata nello stato di estasi di alcune protagonista,agli effetti della ketamina,…
una sostanza anestetica dissociativa,che se utilizzata in dosi subanestetiche,diventa un potente allucinogeno psichedelico.Si distingue per la sua breve durata,gli effetti non durano oltre 40/50 minuti.
Il magistrato Paolo Ferraro riesce a registrare gli eventi,una colonna sonora dell’Inferno,quasi l’ingresso in un’altra realtà,caratterizzato da rapidi movimenti attraverso tunnels,il cosiddeto effetto tunnel,tipico della reazione nella assunzione di ketamina,una sostanza anestetica dissociativa,che se utilizzata in dosi subanestetiche,diventa un potente allucinogeno psichedelico.Si distingue per la sua breve durata,gli effetti non durano oltre 40/50 minuti.
Il magistrato Paolo Ferraro riesce a registrare gli eventi all’interno di una di queste abitazioni nel compound della Cecchignola,una colonna sonora dell’Inferno,quasi l’ingresso in un’altra realtà,caratterizzato da rapidi movimenti attraverso tunnels,il cosiddetto effetto tunnel,tipico della reazione nella assunzione di ketamina.
L’indagine del magistrato Paolo Ferraro ci conduce oltre quella porta,abbandoniamo lo stato ordinario di coscienza,per trovarne un altro,forse diversi contemporaneamente,dove protagonisti anonimi,si muovono in un alveare ben programamto,studiato.Quella struttura “parallela” come la chiama il magistrato,ossessiva,prodotto di una alterazione psichica indotta dal consumo della ketanina,allucinogeno che cancella la memoria,conduce ad esperienza estrema,come la NDEs,near death esperiences.
Ma è certo che non siamo difronte ad un fenomeno paranormale,perchè il compound esiste,la scena descritta è fisica,il luogo dove avviene la seduta orgiastica è di sua personale conoscenza.Qualcuno a sua insaputa si introduce in quella abitazione,quasi ne disponesse in assoluta libertà,probabilmente ne detiene anche le chiavi.
La ketamina è conosciuta anche come L.A. coke, Kit Kat,Purple,Psychedelic eroin.Il mix esplosivo della riunione esoterica orgiastica è un connubio di sostanze chimiche e psichiche,di volontà e logica determinazione.La struttura parallela corre su questo confine,si nutre di adepti,come in un alverare,dove tutto è organizzato secondo una logica predisposta.
La manipolazione mentale nei gruppi satanici è utilizzata per rinforzare l’appartenenza al gruppo e per mantenere il consenso e frequentemente si avvale di droghe e di tecniche ipnotiche,ma quasi sempre è l’attività satanista che persuade l’adepto a rimanere all’interno della setta.
Lo stesso Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche di ROMA,sezione di Fonica e Audiovideo,nella sua refertazione delle indagini tecniche effettuate sui files audio del magistrato,in un certo senso conferma quanto da Paolo Ferraro sostenuto,ovvero: “… l’interpretazione soggettiva non può certamente essere considerata a tutti gli effetti specchio fedele della conversazione di interesse intercettata.”
C’è qualcosa che va oltre,la logica comprensibile di una verifica effettuata con strumentazione fonica,c’è qualcosa che trascende la logica umana,esattamente come nel delirio di un omicidio.Ma in questa unica solta irrealtà,noi afferriamo i confini di un mondo sovrastrutturale,capace di interagire con la dinamica della realtà,interrompendola anche con un comportamento efferato,un omicidio.
Il viaggio delle indagini del sostituto procuratore Paolo Ferraro,scendono in questo Inferno,nella assurda dimensione dove in apparenza nulla è logico,empirico,comprensibile alla natura umana,ma proprio per questo scenario deducibile nel quadro indiziario di una inchiesta giudiziaria.Esimersi di entrarci dentro,di scavalcare il confine della realtà,come noi la intendiamo,significa lasciare ai “mostri” di questa setta,libertà di manovra,di intervento sulla vita altrui,potere di agire indisturbati e continuare ad uccidere.
L’indagine personale del magistrato Paolo Ferraro ha il pregio di tranciare la logica investigativa ortodossa,per lanciarsi nella fenomenologia aberrante delle sette sataniche,la loro organizzazione,i motivi che le creano,l’emozione che le produce.
Se non consideriamo come “vere” o “realistiche” la realtà del satanismo,non possiamo abbordarlo,non siamo in grado di conoscerlo e sconfiggerlo.Eppure aleggia intorno all’assassinio di Carmela Melania Rea,in tutta la sua spaventosa predeterminazione.
La manipolazione mentale delle sette sataniche è una strategia di relazione che viene utilizzata per distruggere l’identità di un individuo.Viene utilizzata da una o più persone senza scrupoli nel tentativo di soggiocare altri individui,attraverso una relazione di potere che serve ad annullare e strumentalizzare l’identità della vittima, per i propri scopi.
Una strategia che minaccia l’integrità e l’autonomia dell’individuo perchè incoraggia la dipendenza e riduce questa autonomia.L’identità di ciascuno di noi consiste nelle credenze,nei comportamenti,nelle emozioni e nei processi del pensiero,che caratterizzano il nostro modo di essere.Sotto l’influenza del controllo mentale,l’identità originaria viene rimpiazzata da un’altra identità,che corrisponde ai bisogni e alle necessità della setta.
La morte di Carmela Melania Rea è avvenuta al centro di una Sabba? Possibile,anzi i contorni sono quelli descritti,basta trovare le protagoniste adesso.
continua puntata 2°
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Pubblicato su L’osservatorio d’Italia quotidiano indipendente
: 31/08/2014 10.12.00
Il Giallo
GIUDICE ADINOLFI, SCOMPARSA: L’APPELLO DEI FAMILIARI
La moglie avrebbe detto che il marito si sarebbe confidato a un vecchio amico di avere acquisito prove e documenti che avrebbero potuto far “crollare” il Tribunale
di Simonetta D’ Onofrio
Roma 2 luglio 1994, è la data della sparizione del magistrato Paolo Adinolfi. Da allora nulla si è più saputo sul suo allontanamento, solo supposizioni sul suo caso, nessuna traccia. Venti anni sono trascorsi da quella mattina, quando si recò alla biblioteca del Tribunale Civile di Roma, e in seguito all’ufficio postale nel quartiere del Villaggio Olimpico, alle porte dello Stadio. Inconfutabile è la figura professionale che ricopriva, un uomo di legge, dedito al suo lavoro presso il Tribunale Civile di Roma, legato alla sezione fallimentare, civile e alla Corte d’Appello.
L’appello della famiglia
Nel giorno del ventennale dalla scomparsa, il 2 luglio del 2014, è il figlio Lorenzo, avvocato di professione a ricordare il padre, un’ appello che fa alla società civile, a chi dovrebbe indagare sulla vicenda, a chi nasconde la verità. Chiedono i familiari di avere almeno il corpo per potergli dare giusta sepoltura. La famiglia Adinolfi ha acquistato anche mezza pagina del “Corriere della Sera” per diffondere il messaggio: “Nicoletta, Giovanna e Lorenzo con infinito amore ricordano il rigore, il coraggio, e l’onestà”, “Chi sa, ed ha mantenuto il silenzio fino a oggi, trovi la forza di raccontarci la verità: noi continuiamo ad aspettare, e non smetteremo mai di cercarlo”.
La storia
Secondo quanto riportato dall’associazione “19 luglio 1992” Adinolfi si sarebbe accorto che qualcuno lo stava seguendo. A dirlo è il magistrato Giacomo De Tommaso al quale gli avrebbe confidato il timore di essere anche spiato. Sempre come riportato dalla redazione del Movimento Toghe Rosse, anche la moglie di Adinolfi, Nicoletta Grimaldi, avrebbe detto che il marito si sarebbe confidato a un vecchio amico di avere acquisito prove e documenti che avrebbero potuto per il loro “scottante” contenuto far “crollare” il Tribunale di Roma. Rivelazione alquanto plausibile e fondamentale dal punto di vista investigativo visto che Adinolfi avrebbe chiesto un appuntamento per la settimana successiva alla sua scomparsa con il Sostituto Procuratore della Repubblica di Milano Carlo Nocerino; lo stesso Adinolfi avrebbe chiesto al PM di Milano di “poter testimoniare come persona informata sui fatti.
Poche sono state le figure istituzionali che finora si sono spese nel menzionarlo, con un convegno dedicato alla sua storia o un giorno appositamente indirizzato alla sua storia. Coloro che in questi anni hanno veramente onorato la memoria del magistrato Adinolfi sono stati gli attori della compagnia teatrale Les Enfants Terribles, che nella loro pièce “Toghe Rosso Sangue” hanno ricordato il magistrato assieme agli altri colleghi scomparsi, come Falcone Borsellino. L’autore del testo, dopo aver ricordato brevemente le ultime ore del giudice prima della scomparsa, ha evidenziato i troppi lati oscuri della vicenda. Il passaggio più significativo del testo narra: “Prima di scomparire mi sono occupato di fallimenti importanti, dopo qualcuno ha detto che di me si sarebbero occupati quelli della Banda della Magliana, o quelli dei servizi segreti deviati, i soliti insomma, quelli che quando c’è un mistero a Roma, li chiamano sempre in ballo, per raccontare di tutto per arrivare a niente”.
In queste poche righe è racchiusa gran parte del mistero sulla scomparsa Adinolfi. Un giudice che ha combattuto contro il “Porto delle nebbie”, come veniva definita all’epoca la sezione fallimentare del Tribunale di Roma. E da queste nebbie è stato avvolto, per non apparire più dopo tutti questi anni.
Nebbie che hanno avvolto anche il ricordo del giudice. L’Associazione Nazionale Magistrati non ha mai voluto ricordare la figura del giudice, quasi a far cadere l’oblio sulla vicenda, e sulle accuse che Adinolfi fece nei confronti di alcuni colleghi, e che pochi giorni dopo la sua scomparsa avrebbe dovuto portare al Procuratore di Milano, Carlo Nocerino, al quale aveva chiesto di poter testimoniare come “persona informata sui fatti”.
Le inchieste che il giudice aveva seguito erano importanti. Dal fallimento della compagnia assicurativa Ambra, un crack da 200 miliardi, alla Casina Valadier, inchiesta che si concluse con l’arresto di Giuseppe Ciarrapico, patron delle acque minerali e della AS Roma, legatissimo ad Andreotti.
Nel libro di Piero Messina “il cuore nero dei servizi”, si parla della morte di Adinolfi, perché aveva scoperto “società fantasma utilizzate per comprare e vendere immobili alle aste giudiziarie e di un controllo a tappeto, da parte di servizi deviati e criminalità organizzata, per accaparrarsi società sul punto di fallire”.
A raccontare questi fatti è stato il faccendiere pentito Elmo, che cercò di coinvolgere il Colonnello del Sismi Mario Ferraro. Il Colonnello non poté però confermare né smentire quanto affermato da Elmo, venne trovato impiccato nel suo bagno. Le perizie indicarono un suicidio. Le parole di Elmo concordano comunque con quanto detto in seguito dal PM Nocerino.
Un altro servitore dello Stato si aggiunge alla lunga lista delle persone che tuttora non hanno avuto giustizia, una situazione che sembra esprimere una maligna e perversa volontà di qualcuno poco propenso a far sapere la verità sulla sorte del magistrato. Come il giudice Ambrosoli, Falcone e Borsellino e tanti altri, tutti di alto spessore che ancora oggi non si sa chiaramente su chi li avrebbe uccisi. Si spera che l’appello dei familiari abbia un seguito.